Nairobi: spettacolo e discriminazione

Nairobi: spettacolo e discriminazione

Nairobi: spettacolo e discriminazione

Nairobi de «La casa di carta»: «Quando a scuola mi chiamavano zingara»

 

Alba Flores

Nairobi: spettacolo e discriminazione. Rampolla di una celebre famiglia di artisti in Spagna, nel mondo è diventata una star con la serie-fenomeno «La casa di carta».
E così per Alba Flores è cambiato tutto.
Per esempio, nessuno la discrimina più per le sue origini gitane, «ma solo perché sono famosa».

 

Intervista Vanity Fair – Spettacolo

Di seguito dei passaggi da un’intervista tratta dal numero 26 di Vanity Fair in edicola dal 27 giugno al 4 luglio 2018.

«Ho provato il razzismo sulla mia pelle, a scuola», afferma.

E ricorda il giorno in cui una bambina nella mensa della scuola le chiese se era gitana e lei rispose di sì: «Corse via per dire alle altre: “Buttate il piatto, stiamo mangiando cibo da zingari!”.

Vai a sapere che cosa le raccontavano a casa».

Ora che è adulta non le succede più, tra le altre cose perché «se godi di una certa popolarità, nessuno bada al fatto che sei gitana», ma insiste che «la Spagna è razzista e machista, perché questa è l’educazione che ancora riceviamo».

 

Impegno civile e discriminazione

Alba Flores cerca di aiutare interpretando ruoli come quello di Saray in Vis a vis (serie tv spagnola ambientata in un carcere femminile, ndr), una zingara lesbica.

Quando parla, Alba sembra un po’ inflessibile, ma è solo una questione di tono, perché nella pratica lascia sempre uno spiraglio dal quale si possono generare nuove domande.

Lo fa anche con le cose a lei più care, perfino con la famiglia: non prova mai a mitizzare i parenti.

 

Di fronte ai complimenti, lei reagisce così: pensa, sorride un secondo e poi torna alla realtà.

«Gli attori sono sopravvalutati», dice sminuendosi, come se questa ragazza che ha già vinto un Premio Ondas collettivo (i prestigiosi premi assegnati in Spagna a personaggi della tv, della radio e della musica, ndr) per Vis a vis temesse di perdere la direzione.

 

Forse è per questo che quando deve indicare qualcuno che parli di lei nomina Ana Villa, sua madre, che l’ha cresciuta da sola dopo la morte del padre Antonio.

«Sono indipendente da quando avevo 19 anni, ma mia madre è fondamentale per me perché mi ricorda da dove sono partita. Mi ha insegnato a tenere i piedi per terra».

 

 

Vai all’articolo originale e all’intervista completa su Vanityfair

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